I nostri politici non sono rimasti insensibili all’aumento degli incidenti in mare e hanno trovato una bella e pratica soluzione: introdurre il reato di omicidio nautico.
Fatto! Ora possiamo finalmente navigare tranquilli o starcene sul nostro materassino a prendere il sole cullati dal mare a qualche metro dagli scogli con l’assoluta certezza che nessuno possa nemmeno sfiorarci. Bene, questo ci conforta moltissimo.
Forse, se non sbagliamo, il codice della strada (non quello nautico) ha introdotto nel tempo qualche prescrizione qua e là, volta ad aumentare la sicurezza, tipo specchietti laterali, cinture, airbag, casco, divieto di transito in autostrada per determinati veicoli o neopatentati, divieto di guida di determinati veicoli per i neopatentati, limiti di velocità, di potenza, cilindrata e via discorrendo.
In mare invece no: entro sei miglia dalla costa puoi trovare una bolgia infernale e niente cambia!
Allora uno dice, ma quale sarebbe la soluzione per ridurre davvero gli incidenti in mare?
Nel ventunesimo secolo non ci pare che la cosa sia troppo complessa, la tecnologia più avanzata è ormai sempre al nostro fianco.
Ormai è assodato che sotto costa tutti i diportisti, anche i subacquei, abbiamo sempre con sé il proprio telefono cellulare, quindi basterebbe registrarsi in una semplice applicazione gestita dalla Guardia Costiera ogni volta che si esce così da mollare gli ormeggi solo dopo aver avvisato le autorità e tutti gli altri naviganti delle proprie intenzioni. Senza distinzione alcuna per chiunque superi un paio di centinaia di metri dalla costa, canoe e tavole a vela incluse.
Una cretineria?
Nella navigazione aerea questo avviene da sempre e nessuno mai se ne è stupito. Anche nelle autostrade avviene qualcosa di simile.
E nella nautica?
Per ora la “tracciabilità” vale solo con le unità di grandi dimensioni e affinché venga applicata a tutti occorrerà attendere ancora parecchio ma, alla fine, si arriverà anche questo, anche perché introdurre nuovi reati non migliora le cose.